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Purgatorio


1. La Preghiera
2. Il Canto
3. Ordinamento del Purgatorio
4. I luoghi


La Preghiera
"Il Purgatorio è il regno della preghiera: in ogni cornice le anime espiano il loro peccato con tre forme di espiazione: con la preghiera, con la pena, diciamo così, 'fisica', perchè i loro corpi, per quanto di materia diversa, possono soffrire (Pg. III, 31-33), e con la meditazione di esempi del peccato punito e dell'opposta virtù premiata.
La preghiera è dunque parte fondamentale dell'espiazione" (U. Bosco, Commento, pag.190).


Il canto
Il Momigliano rileva come il canto diventi via via l'espressione più profonda dello stato d'animo degli spiriti, crescendo ancora di importanza, sino alla fine del Paradiso Terrestre.
La coralità della preghiera e del canto è, infatti, una delle note più significative del Purgatorio.

- Alla liberazione di ogni anima da una cornice del Purgatorio, il monte è scosso da un terremoto e le anime purganti cantano "Gloria in excelsis Deo" (vd. Pg. XX,136), l'inno cantato dagli angeli alla nascita di Gesù (Luca 2,14) ed entrato a far parte della liturgia della Messa.
- La preghiera della sera: "Te lucis ante terminum", Pg VIII,13
All'ora del tramonto un'anima si leva in piedi e congiunge le mani volgendosi verso oriente, il punto del sorgere del sole, e comincia a cantare l'inno della sera, subito imitata dalle altre anime.
Il "Te lucis ante terminum" è l'inno, attribuito a S.Ambrogio, che è inserito nella liturgia di Compieta, l'ultima ora canonica, per invocare l'aiuto divino per fugare le tentazioni della notte.


Ordinamento del Purgatorio
Dante ordina la struttura della montagna del Purgatorio partendo dall'affermazione evangelica che "Dio è amore" (Giovanni 4,8): nessuna creatura, di conseguenza, è senza amore, sia esso istintivo o motivato da una scelta. L'amore istintivo non può sbagliare oggetto, in quanto è come una bussola posta nel cuore dell'uomo per dirigerlo verso il proprio fine.
L'amore motivato da una scelta, invece, può errare per eccessiva od insufficiente forza nel conseguire i propri obiettivi oppure per essersi volto ad un cattivo oggetto: da ciò si può dedurre che tale amore può essere, insieme, origine di ogni virtù e di ogni peccato. Poichè ogni creatura vuole naturalmente il proprio bene, nessuna creatura odia se stessa; e poichè ogni creatura non può odiare se stessa, nessuna creatura può odiare il suo creatore.

Il male per scelta (il "mal che s'ama" Pg. XVII,113) è, dunque, volto contro il prossimo: è l'amore dell'altrui male sintetizzato nei sette vizi capitali.
L'amore che erra "per malo obietto" diventa la superbia, che "per esser suo vicino soppresso / spera eccellenza" (Pg. XVII,115-116), l'invidia, che "podere, grazia, onore e fama / teme di perder perch'altri sormonti" (Pg. XVII,118-119) e l'ira, che per una offesa "si fa de la vendetta ghiotto" (Pg. XVII,122).
L'amore che erra "per poco di vigore" nel conseguire poi la sua meta diventa l'accidia, "... L'amor del bene, scemo / del suo dover" (Pg. XVII, 85-86), l'amore privo di volontà. L'amore che, al contrario, erra "per troppo di vigore" nel raggiungere i beni terreni è l'avarizia, come il suo contrario, la prodigalità, l'intemperanza e la lussuria.