TOMMASO d'AQUINO Pd. X, 82-138
(lumera) Pd. XI, 16; Pd. XII, 110; Pd. XIV, 3
cit. Pg. XX, 69
Cielo IV-Sole, Spiriti Sapienti, prima ghirlanda

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Tommaso nacque a Roccasecca, nei pressi di Napoli, nel 1224, figlio del conte Landolfo d'Aquino, imparentato con la famiglia imperiale di Hohenstaufen.
Dopo aver studiato a Napoli le arti liberali, Tommaso, contro il volere della famiglia, decise di entrare nell'Ordine domenicano.
Pd. X, 94-96
Io fui de li agni de la santa greggia
che Domenico mena per cammino
u'
(dove) ben s'impingua (ci si arricchisce) se non si vaneggia
(se non si devia dalla regola, perdendosi dietro alla vanità dei beni terreni)


Proseguì, poi, gli studi di teologia, a Colonia, sotto la direzione di S. Alberto Magno ("Questi che m'è a destra più vicino, / frate (anche Alberto Magno è domenicano) e maestro fummi, ed esso Alberto /è di Cologna..." Pd. X, 97-99), e completò la sua formazione nella celebre università di Parigi, dove, nel 1257, ottenne il titolo di "Magister" insieme al francescano S. Bonaventura da Bagnoregio.

Tommaso iniziò da quel momento la sua lunga carriera di insegnante di teologia, prima a Parigi poi, dopo il 1260, alla corte papale ed all'università di Napoli.
Contemporaneamente scrisse moltissimo: commenti all'Opera di Aristotele e Pietro Lombardo; le "Quaestiones" su argomenti di fede e le "Summae".

La "Summa Theologiae", rimasta incompiuta, costituisce la più completa sistemazione del pensiero teologico cristiano su solide basi aristoteliche.
L'opera di Tommaso d'Aquino fu di fondamentale importanza per la cultura dei secoli XIII e XIV, soprattutto per il problema aperto e lungamente dibattuto del rapporto tra fede e ragione.
Egli respinse tenacemente la teoria della doppia verità proposta dall'Averroismo latino, un movimento estremo di pensiero ispirato all'aristotelismo radicale ed incurante dell'ortodossia cattolica, rappresentato, nell'università di Parigi, dall'insegnante Sigieri di Brabante negli anni intorno alla metà del secolo XIII.
La verità per Tommaso è una, pur se l'indagine della verità della ragione è il presupposto per raggiungere la verità della fede: la filosofia, dunque, indaga con procedimenti razionali e sostenuta da principi evidenti e dimostrabili, mentre la fede procede dalla illuminazione divina. La filosofia era giunta ai suoi massimi risultati con il pensiero di Aristotele: il compito che si assunse Tommaso fu quello di integrare e completare l'Aristotelismo con le acquisizioni della fede.

Pur se il Tomismo di Dante è stato recentemente ridimensionato ed è emersa la sua notevole indipendenza di pensiero, che fonde ed armonizza spunti di provenienze diverse, se non opposte, resta evidente che le principali linee del pensiero di Tommaso (il primato dell'intelletto sulla volontà; Dio causa prima e motore immobile dell'universo; rapporto tra perfezionamento naturale e grazia divina) rifluiscono abbondantemente in Dante.

Nell'abbazia cistercense di Fossanova, Tommaso morì nel 1274, mentre si recava, su incarico del papa, al concilio di Lione: circolò la voce, non confermata da prove, che fosse stato avvelenato dai sicari di Carlo I d'Angiò, ma Dante sembra crederlo vero ("ripinse al ciel Tommaso" Pg. XX, 69).
Già nel 1323 papa Giovanni XXII lo canonizzò, mentre Pio V lo dichiarò Dottore della Chiesa con l'appellativo specifico di "Doctor Angelicus".

I canti XI e XII del Paradiso sono in perfetto parallelismo fra loro.
Nel primo S. Tommaso, domenicano, tesse insieme la biografia e l'elogio di S. Francesco, e rimprovera aspramente i membri del suo Ordine, che, deviando dalle rette intenzioni del fondatore, hanno gettato il discredito sull'Ordine domenicano e sulla Chiesa tutta.
Nel canto XII è, invece, il francescano S. Bonaventura a ricordare vita ed opere di S. Domenico ed a rimproverare i francescani che hanno dimenticato gli insegnamenti del fondatore dell'Ordine.