Pd. XVI, 28; Pd. XVII, 28; (folgor santo) Pd. XVIII, 22
Cielo V - Marte, Spiriti combattenti per la fede
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Sono assai scarse le notizie storiche su Cacciaguida, che si fermano ad un atto notarile del 1189. Tutto il resto, compresa la partecipazione alla Crociata, è testimoniato solo dal trisnipote Dante, il cui cognome si formò appunto dal nome di Alighiero I, figlio di Cacciaguida, così chiamato dal nome del nobile nonno materno. |
Pd. XV 139-141
Poi seguitai lo 'mperador Currado
ed el mi cinse de la sua milizia,
tanto per bene ovrar li venni a grado.
L'identificazione dello "'mperador Currado" della biografia di Cacciaguida è controversa.
Un semplice confronto cronologico avvalora la tesi che Cacciaguida non intenda riferirsi a Corrado II il Salico, del resto vissuto circa un secolo prima dell'avo di Dante, ma a Corrado III di Hohenstaufen, che fu imperatore dal 1138 al 1152, e partecipò, al fianco del re francese Luigi VII, alla seconda Crociata, che si concluse con una disastrosa ritirata dopo il fallito assedio di Damasco.
Non è certo che Corrado III sia sceso in Italia ed abbia potuto così conoscere personalmente Cacciaguida, ma, tuttavia, il testo dantesco non sottintende una conoscenza fra i due precedente alla Crociata così come non può avvalorare, di contro, l'ipotesi di una mal riuscita invenzione di un nobile antenato.
La condizione sociale delle generazioni successive della famiglia, che se avesse fatto parte della nobiltà non avrebbe potuto accedere alla carriera politica, non sfiora questo ritratto di antenato nobile sì, ma soprattutto sotto l'aspetto morale (Cacciaguida viene infatti nominato cavaliere "per bene ovrar").
Come una stella cadente che si stacca dalla volta del cielo, lo spirito luminoso di Cacciaguida scende ai piedi della croce luminosa. L'incontro fra Dante ed il suo antenato echeggia da vicino l'incontro fra Anchise ed il figlio Enea nei Campi Elisi:
Eneide VI 684-68 |
"L'incontro tra Dante e Cacciaguida nel Paradiso trascende i limiti d'un incontro familiare, e preannuncia la missione politica e morale, l'una e l'altra di essenza religiosa, che Dante assegna a se stesso, e la sua provvidenzialità" (U. Bosco, Commento pag. 241).
Il capostipite della famiglia è chiamato a chiarire, con aperte parole, le circostanze di quel doloroso esilio che già era stato annunciato, nell'Inferno da Farinata degli Uberti (Inf.), Brunetto Latini (Inf.) e Vanni Fucci (Inf.) e nel Purgatorio da Oderisi da Gubbio (Pg.), Corrado Malaspina (Pg.) e Forese Donati (Pg.).
La scelta di Cacciaguida a legare insieme impegno morale ed impegno politico, storia familiare e storia civile, non è casuale.
Il trisavolo è innanzitutto sufficientemente lontano nel tempo (era vissuto fra la fine dell'XI sec. e l'inizio del XII) da poter essere testimone in prima persona della Firenze incorrotta, poi è di gran lunga la figura più prestigiosa della famiglia Alighieri, quanto Alighiero II padre di Dante, ne è la più discussa, infine Cacciaguida ha prefigurato combattendo per la fede con il "bene ovrar", l'impegno di Dante, sempre per la fede, con la Divina Commedia.
Cacciaguida diviene, dunque, per Dante una figura di riferimento.
La caratteristica che unisce tutti gli Spiriti Combattenti per la fede è il loro essere non solo uomini d'arme ma di tale fama da costituire un ricco materiale per la poesia.
"L'elenco dantesco, che non dà rilievo alle imprese compiute dai singoli personaggi, e si limita ad evocarli ad uno ad uno, quasi in una specie di appello o rassegna militare, isolando ogni nome con la sua aureola leggendaria, è inteso soprattutto a sottolineare l'ideale continuità della loro opera di combattenti per la vera fede, dalla conquista e difesa della Terra Promessa alle lotto contro i Saraceni nella Spagna, nella Provenza, nell'Italia Meridionale, fino alle crociate" (N. Sapegno, Commento, pag. 223).