Cornice I - superbi
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Nato a Siena nel 1220 circa, nipote di Sapia, Provenzano fu capo della parte ghibellina, che costituiva la fazione preponderante nella sua città e, per la sua autorità politica, ebbe un ruolo di rilievo nelle vicende che portarono alla vittoria senese di Montaperti nel 1260, "che fece l'Arbia colorata in rosso" (Inf. X, 86) quando le truppe fiorentine furono travolte dai ghibellini di Siena e dai fuoriusciti fiorentini guidati da Farinata degli Uberti (Inf.), sotto il comando di Manfredi di Svevia; al convegno di Empoli, poi, fu tra coloro che propugnarono la distruzione di Firenze, cui solo Farinata, fra i cavalieri ghibellini, osò opporsi con forza. |
Inf. X, 91-92
Ma fu' io solo, là dove sofferto
fu per ciascun di tòrre via Fiorenza,
colui che la difesi a viso aperto.
Nel 1262 Provenzano fu podestà a Montepulciano ed in seguito, proclamato cavaliere, assunse il titolo di "dominus" della sua città, acquistando sempre maggior fama e prestigio. Morì l'8 giugno del 1269 nella battaglia di Colle Val d'Elsa, in cui i ghibellini senesi vennero sconfitti dai guelfi fiorentini.
Pg. XIII, 115-119
Eran li cittadin miei presso a Colle
in campo giunti co' loro avversari,
...
Rotti fuor quivi e vòlti ne li amari
passi di fuga...
Nel personaggio di Provenzan Salvani Dante sintetizza uno dei molteplici aspetti del peccato di superbia: la superbia originata dalla consapevolezza di detenere il potere politico.
Provenzano, infatti, "fu presuntuoso / a recar Siena tutta a le sue mani" (Pg. XI 122-123), si credette così potente, cioè, da poter farsi signore di Siena.
Un particolare della vicenda umana ed ultraterrena di Provenzano attira però ancora l'attenzione di Dante: come mai egli si trovi già nella prima Cornice e non nell'Antipurgatorio pur essendo morto di recente e, per quanto risulti al poeta, sia stato colpevole di superbia fino alla morte.
Provenzano non parla direttamente con Dante, ma la sua vicenda viene narrata da Oderisi da Gubbio, ed è proprio il miniatore eugubino a raccontare al poeta l'atto di umiltà che ha aperto le porte del Purgatorio a Provenzano.
Della giustizia divina è parte integrante la misericordia, così ora è condonata parte della pena al superbo che nel momento della sua massima gloria si era saputo umiliare, chiedendo l'elemosina ai suoi concittadini per il riscatto di un amico fatto prigioniero da Carlo d'Angiò.