CARLO MARTELLO Pd. VIII, 31
cit. Pd. IX, 1
Cielo III - Venere - Spiriti Amanti

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Figlio di Carlo II d'Angiò, lo Zoppo, e di Maria d'Ungheria, Carlo Martello nacque nel 1271. Da Clemenza, figlia di Rodolfo d'Asburgo, ebbe Carlo Roberto, che ereditò dalla nonna il trono d'Ungheria, e Clemenza, che divenne regina di Francia, sposando Luigi X.

Nel 1292, alla morte dello zio Ladislao IV, Carlo Martello fu eletto re d'Ungheria, ma il nonno Carlo I gli aveva destinato il governo dei regni dell'Italia meridionale, durante la prigionia di Carlo II a seguito della guerra del Vespro (1282).
La giovane età del re consegnò di fatto il potere ad un consiglio di reggenza ed in seguito la liberazione di Carlo II (1289) e la morte prematura impedirono a Carlo Martello di governare.

Nel 1294 Carlo Martello, ventitreenne, si recò a Firenze per incontrare i genitori che rientravano in Francia: per onorare il principe si predispose una delegazione, cui sembra prese parte anche Dante, di qualche anno più grande del principe.

Fu forse questa l'occasione in cui i due uomini poterono conoscersi e stringere l'amicizia fondata sui comuni inclinazioni ed interessi, che giustifica il tono affettuoso e tutto giocato sul filo della memoria dell'incontro nel Paradiso.


Già l'anno successivo Carlo Martello morì lasciando un grande rimpianto, poichè in lui molti vedevano il buon principe, e poco dopo morì anche la giovane moglie Clemenza, che Dante di certo vide durante la sosta fiorentina, mentre nel 1281 raggiungeva Napoli per sposare Carlo Martello.

Nel "De Monarchia" Dante sostiene che la cupidigia disprezza l'uomo guardando esclusivamente ai beni, mentre la carità, fissando il suo centro in Dio, favorisce il bene dell'uomo, e siccome il bene maggiore dell'uomo è vivere in pace e la pace è frutto di giustizia, se ne deduce che la carità, cioè l'amore deve essere la prima delle virtù di un sovrano.
A Carlo Martello il poeta affida il compito di spiegare come l'indole non si trasmetta di necessità da padre in figlio e come sia di grande importanza scegliere una vita rispondente alle proprie naturali inclinazioni e non forzare queste inclinazioni a fini diversi.