MATELDA Pg. XXVIII, 40;
(donna) Pg. XXIX, 1; Pg. XXXI, 92; Pg. XXXII, 82; Pg. XXXIII, 119

cit. Pg. XXXII, 28
Paradiso terrestre

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L'ufficio di Matelda, unica abitante permanente del Paradiso Terrestre, è immergere nelle acque del Leté, il fiume che cancellerà anche il ricordo del peccato, le anime che hanno completato la purificazione attraverso le cornici del Purgatorio e poi condurle a bere le acque dell'Eunoé, il fiume che ravviva la virtù.

Due questioni hanno impegnato la critica dantesca intorno a questo personaggio: la sua identità storica ed il suo valore simbolico.


Per quanto riguarda l'identificazione di Matelda, tutti gli antichi commentatori non ebbero dubbi nel riconoscervi Matilde di Canossa, anche se Dante non potè certo apprezzare la sua opposizione all'imperatore Enrico IV, ampliando e rafforzando il potere temporale del papato con l'eredità dei suoi domini lasciata alla Chiesa.

Gli altri guardiani e custodi della Commedia, si è sottolineato, sono personaggi effettivamente esistiti nel mito o nella storia, ma a differenza dei tre regni oltremondani, il Paradiso terrestre non è stato creato perchè le anime vi trovino sede stabile: è un luogo di transito, un luogo rituale che segna il passaggio dal Purgatorio al Paradiso. Matelda è, dunque, soprattutto un concetto al quale il poeta ha dato un nome il cui valore e significato oggi ci sfugge.
Taluni critici hanno tentato di interpretare il nome di Matelda, invertendo l'ordine di lettura ed ottenendo in questo modo l'espressione "Ad laetam" o, seguendo la pronuncia, "Ad letam". Matelda diviene, così, "colei che conduce alla beatitudine", ovvero "colei che conduce alla acque del Leté".

D'altra parte la caratteristica predominante di questo personaggio è la levità, che contrasta con qualsiasi precisa determinazione. Se il Paradiso Terrestre rappresenta l'età dell'oro dell'umanità, Matelda è la raffigurazione della felicità, dell'umanità in armonia con il Creatore. Matelda conserva la sua levità anche quando spiega: il suo ufficio è un rito che compie nei confronti di ogni anima che abbia compiuto la sua purificazione.

Matelda, quindi, fa già parte del grande quadro liturgico che conclude la seconda cantica.


La felicità, terrena ed ultraterrena, è, tuttavia, amore e l'unico amore che possa essere piena felicità senza tormenti è l'amore stilnovistico nella nuova reinterpretazione dantesca resa esplicita nell'incontro con Bonagiunta Orbicciani.

Pg. XXIV, 52-54
... "I' mi son un che, quando
Amor mi spira, noto, e a quel modo
ch'e' ditta dentro vo significando"

La rappresentazione poetica dell'amore cessa di essere una vicenda sentimentale, se pur stilizzata al massimo grado e diventa introspezione. Matelda si inserisce, quindi, appieno nel recupero degli anni giovanili e dell'esperienza dello Stilnovo avviato e concluso nel Purgatorio.