Tito
Pg. XXI,82; Pd. VI, 92
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Tito Flavio Vespasiano, figlio dell'imperatore Vespasiano, cui succedette nel 79 d.C., nacque nel 39 d.C. e morì nell'81 lasciando il trono imperiale al fratello Domiziano. Durante il suo regno promosse la costruzione di grandi opere pubbliche, la ricostruzione dei centri colpiti dalla disastrosa eruzione del Vesuvio del 79 d.C., e pose ordine nella vita politica romana, frenando la pratica delle accuse anonime. |
Di lui si ricordano le doti di clemenza e magnanimità che indussero lo storico Svetonio a definirlo, nel "De vita Caesarum", "amore e delizia del genere umano".
Pg. XXI,82-84
... 'l buon (valente) Tito, con l'aiuto
del sommo rege (Dio), vendicò le fòra (le ferite di Cristo)
ond' uscì 'l sangue per Giuda venduto...
L'imperatore Tito è ricordato da Dante con la sua impresa più nota, la distruzione di Gerusalemme del 70 d.C., impresa che compì, tuttavia, quando era ancora imperatore suo padre Vespasiano.
Pd. VI, 92-93
poscia con Tito a far vendetta corse
de la vendetta del peccato antico
(il riscatto del peccato originale operato da Cristo)
Il poeta, come tutto il suo tempo, considerava la distruzione di Gerusalemme come una giusta punizione della crocifissione di Cristo operata per mezzo dell'impero romano.
Del resto la concezione che l'impero facesse parte del disegno della provvidenza divina è alla base del pensiero politico di Dante.