ROMEO di VILLANOVA Pd. VI, 128
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Romeo di Villanova fu storicamente il potente ed apprezzato ministro del conte di Provenza Raimondo Berengario IV, figlio di Alfonso II d'Aragona, morto, ancor giovane, nel 1245.
Già ai tempi di Dante, tuttavia, circolava una leggenda cui attinse, anche se autonomamente, anche il Villani, leggenda che il poeta dovette ritenere vera e che, comunque, ben si adattava al contesto narrativo del canto VI del Paradiso, disegnando una figura umile e tuttavia consapevole dei propri doveri.

Secondo tale leggenda Romeo era un amministratore, onesto quanto saggio, che aveva in poco tempo moltiplicato le ricchezze della Provenza ed aveva, con abilità diplomatica, concluso quattro vantaggiosi matrimoni per le quattro figlie del suo signore. Margherita, infatti, sposò Luigi IX, il Santo, re di Francia, Eleonora divenne regina d'Inghilterra, sposando Enrico III, Sancia fu data in moglie a Riccardo, conte di Cornovaglia. La primogenita ed erede della contea, Beatrice (Pg.), fu data in moglie a Carlo I d'Angiò, fratello del re di Francia Luigi IX.

Romeo, tuttavia, vista la scarsa considerazione a lui riservata nonostante il valore dei servigi resi ("di cui / fu l'ovra grande e bella mal gradita" Pd. VI, 128-129), preferì rinunciare al suo compenso ed allontanarsi dalla corte, vecchio, solo e di nuovo povero, e far perdere le sue tracce, come Pier della Vigna (Inf.), ministro onesto e calunniato, aveva preferito la morte al discredito.

Affiora, dalla figura di Romeo di Villanova, l'aspetto autobiografico di Dante esule, il sofferto coraggio di lasciare la propria casa, il segreto dolore di un necessario rifiuto alla prospettiva di ritornare in patria a prezzo di una umiliazione.