Ercole
Inf. XXV, 32; Inf. XXVI, 108; (Alcide) Pd. IX,101
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Ercole, o Eracle, secondo il mito nacque a Tebe ed era figlio di Alcmena, moglie di Anfitrione, e di Giove. Il culto di Ercole arrivò nel mondo romano tramite le colonie della Magna Grecia. A questo eroe sono legate dodici mitiche e straordinarie imprese dopo le quali morì tragicamente. |
Si lasciò infatti ardere su di un rogo pur di metter fine alle tremende sofferenze causategli dall'avere indossato un peplo intriso del sangue del centauro Nesso morente, donatogli dalla moglie Deianira.
Quest'ultima, infatti, gelosa dell'amore dell'eroe per Iole, credeva che la veste contenesse un filtro in grado di assicurarle di nuovo l'amore del marito. In realtà Nesso, che ben sapeva che le frecce con le quali era stato colpito a morte da Ercole erano state immerse nel sangue avvelenato dell'idra di Lerna, riuscì così a vendicarsi dell'eroe.
Ercole morì, tuttavia, solo con il corpo, perchè ascese sull'Olimpo, dove venne adottato da Giunone, fu divinizzato e divenne lo sposo di Ebe, la dea dell'eterna giovinezza, simboleggiando con questa unione che la forza fisica ed il valore sono sempre congiunti all'età giovanile.
Dante ricorda il mito delle "Colonne d'Ercole", poste dall'eroe nell'attuale stretto di Gibilterra, per impedire agli uomini di spingersi oltre nel grande Oceano. In questo mito per Dante si rispecchia anche la volontà del Dio cristiano, che non può in alcun modo permettere ai mortali di avvicinarsi, come tentò invece di fare Ulisse con il suo "folle volo", al regno del Purgatorio.