"vidi e conobbi l'ombra di colui
che fece per viltade il gran rifiuto" Inf. III, 59

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Numerosi sono stati i tentativi di dare un nome a questo personaggio.
Alcuni lo identificarono con Esaù, che rinunciò alla primogenitura per un piatto di lenticchie (Genesi 25, 29-34), altri con Ponzio Pilato, altri con Giuliano l'Apostata.

Gli antichi commentatori, tuttavia, non ebbero esitazioni nell'identificarlo con Pier da Morrone, papa Celestino V, ma già nella seconda metà del secolo XIV il Petrarca, nel "De Vita Solitaria", fece un'aperta apologia delle virtù del papa in polemica con Dante e, nel 1313, intervenne la canonizzazione di Celestino V a gettare ombre sull'interpretazione del passo dantesco.

Pier da Morrone, nato ad Isernia o S. Angelo di Limosano da modesta famiglia, intorno al 1210, fece vita eremitica fino al 5 luglio 1294, quando, dopo una lunga vacanza del soglio pontificio, a seguito della morte di Niccolò IV, il 4 aprile 1292, fu eletto papa nel conclave di Perugia, sotto le pressioni di Carlo II d'Angiò.
Dopo una breve esitazione accettò e fu incoronato pontefice il 29 agosto 1294 con il nome di Celestino V e fissò la sua residenza a Napoli. Ben presto si accorse delle trame politiche che lo circondavano e della sua inesperienza ed incapacità a reagire: sotto le pressioni del cardinal Caetani, riunì il concistoro il 3 dicembre 1294 e rinunciò al papato.
Il 24 dicembre gli succedeva il cardinal Caetani stesso con il nome di Bonifacio VIII. Pier da Morrone intendeva riprendere la vita eremitica, ma il nuovo papa, temendo che potesse divenire uno strumento nelle mani dei suoi oppositori, lo fece rinchiudere nel castello di Fumone, dove morì nel maggio del 1296.

Celestino, che non si ritenne degno del papato e con la sua abdicazione aprì la strada a ben più gravi danni, impersona la "setta d'i cattivi". Se, come sembra, questa identificazione è esatta, questa sarebbe la prima delle sdegnose accuse di Dante a Bonifacio VIII, uno dei principali bersagli della polemica dantesca.